25 March 2013

Lettura del giorno - Today readings

Colpa della mia dipendenza da surf, anche domenica mi sono sparato 150km per andare a surfare piccole, orribili e confuse onde in quel di Noosa.

Ma vi risparmio il noioso resoconto di questa sessione strappata ad un mare non molto collaborativo, per postarvi invece alcune considerazioni sul surf che ho trovato in rete.
Sono scritte da tale D. Rushkoff nel libro Playing the future, e suoi sono tutti i diritti.

Secondo me e' un chiaro esempio di pippa mentale esagerata, ma vi ho trovato alcune frasi che condivido. Ne riporto quindi una parte, sottolineando solo quello che mi e' piaciuto:


Il surf è una meditazione dinamica dipendente dall’abilità di chi la pratica di coniugare intenzione con sensibilità, volontà con passività.

In questo senso l’esperto raggiunge il perfetto equilibrio tra l’ego e l’universo, e per fare questo si immerge intenzionalmente in un soverchiante caotico sistema. Decisamente emozionante.

Tutti coloro che hanno cercato di costruire un castello di sabbia o una casa a Malibù sanno di non potersi aspettare che durino molto. L’oceano è una struttura dinamica che non ha molto riguardo per le strutture che noi gli imponiamo. I surfisti, tra i primi veri figli del caos, da sempre apprezzano la natura caotica delle onde che cavalcano.
L’intima relazione con un sistema dinamico complesso come l’oceano porta a uno stile di vita roll-with-the-punches e ad una visione spirituale postlinear. Anche se per certi versi incompleta come filosofia sociale, la cultura del surf e le sottoculture che ne derivano sono tra i primi a chiamare casa il caos.
Andate in un negozio di surf o sfogliatene una rivista sarete immediatamente colpiti dalle immagini su T-shirts, tavole da surf e decalcomanie. Vi è un’abbondanza di Yin-yang, foto dettagliate delle onde, e immagini di frattali. Questa è una cultura basata   sul pattern delle onde dell’oceano ed imparare a navigare quel pattern è: sia un’impresa a cui dedicare tutta la vita sia una volata fenomenale. Il simbolo taoista yin-yang è un emblema naturale per i surfisti. Non solo perché un’onda dell’oceano vista di lato o dall’interno (come solo i surfisti possono vederla) assomiglia fisicamente all’immagine yin-yang ma il ciclico corso della natura che il simbolo suggerisce serve alla sottintesa filosofia del surf.
Ci sarà sempre un’altra onda, un’altra marea, un altro giorno, un’altra stagione. Un surfista dovrebbe essere quotato sia da una scivolata fallimentare sia da una scivolata   brillante e gli altri surfisti dovrebbero avere rispetto per entrambi gli esisti. Nessun giudizio. Anche l’equilibrio degli opposti rappresentato dal simbolo yin-yang è incorporato in questo sport-che-non-è-uno-sport. Il surfista professionale, quasi un ossimoro, compete vigorosamente per il podio più alto e enormi guadagni, ma lo fa con un rilassamento zen che lo porta all’apprezzamento dei fenomeni ondosi del momento.






Because of my addiction last Sunday I ended up going again to Noosa, trying to surf horrible and messy waves.

But instead of bothering you with that, I'm posting something that I found browsing the web, from a guy by the name of D. Rushkoff in his book Playing the future.

It's probably too brainy, but you may find it interesting. I underlined the few sentences that I like. Forgive my translation and.. here we go:


Surfing is a dynamic form of meditation which depends on the ability of the surfer to combine intention with sensibility, willingness and passiveness.

So that the expert reaches the perfect balance between himself and the universe, doing so by diving into a chaotic system.
Surfers always have been truly sons of chaos and always have been able to appreciate the chaotic nature of the waves.
The close relationship with the ocean complex system generates a roll with the punches life-style and a post linear spiritual vision. Even though the surf philosophy is an uncompleted social philosophy, the surf culture is the first to call chaos home.
This is a culture based on the pattern of the ocean and to learn to navigate that pattern is both a remarkable life long undertaking and a fantastic rush.
The Yin Yang symbol is a natural flag for surfers because of both the resemblance to the wave and the natural cycle of nature that mirrors the surfing philosophy.
There always will be another wave, another tide, another day, another season.
A surfer should be appreciated for both a perfect ride or a wipe out in the same way. No judgement. Also the balance of the opposite is caputured by the Tao symbol.

The professional surfer competes vigorously for the podium but he does that with a Zen relaxation which allows him to appreciate the ocean movement.  

21 March 2013

A Moreton Island - To Moreton Island

Lo scorso weekend siamo stati a Moreton Island ed è stata l' occasione per surfare il lato Nord dell' isola, anch'esso propiziato dal solito swell (mareggiata) da SE.
Le onde non erano particolarmente grandi né belle. Passavano quasi di traverso davanti alla spiaggia e si srotolavano con calma.

È stata un'esperienza bella e terrificante.

Bella perché per la prima volta ho surfato in un luogo desolato, bellissimo e lontano dalla folla. Chilometri di spiaggia vuota, abbagliata dal sole e battuta da tranquille onde verdi e cristalline. Solo io e S. in acqua a goderle.

Terrificante perché solo io ed S. eravamo in acqua a goderle, ed il luogo è noto per il pullulare di squali.

Inizialmente sono stato nel primo metro d'acqua, dalla riva intendo. Poi ho dovuto aggiungere per forza qualche altro metro. Poi S. è andato più in fondo a prendere le onde dove iniziavano ad alzarsi, ed ho dovuto seguirlo. Poi la marea è cambiata, le onde son sparite, e siamo dovuti andare all' angolo della spiaggia, accanto alle roccie di un minuscolo capo.
Il terrore a quel punto è passato magicamente perché l'acqua era molto più bassa di quel che pensassi ed inoltre abbiamo contribuito a creare una folla di 4 persone. A quel punto avevo solo il 25% del probabilità di.. molto rassicurante!

L'acqua era fantastica e in quel punto siamo riusciti a prendere nuovamente qualche bella onda. Abbiamo lasciato agli altri due più esperti la precedenza sulle onde più grandi, e noi ci siamo goduti il resto. Senza fretta, senza competere con nessuno, senza nessun pensiero.
Ho surfato bene, ma senza grandi momenti. S. invece ne ha preso una che sarà durata quasi un minuto. Un'eternità! Si è fatto sempre più piccolo in lontananza e non si fermava più. Quella vista mi ha gasato e ho gioito con lui da lontano.

Sono state due ore stupende.




Last weekend we went to Moreton Island.


With the help of the usual swell from SE, I've been able to surf the north end of the island, and for the first time in my life I felt like I was on a surf trip, discovering new places away from the crowd.

It was amazing and terrifying at the same time.


Amazing because of the scenario, the christal clear water, the loneliness, the waves all for us.

Terrifying because of the enormous amounts of sharks that live in the area.


I started very cautious, and then I had to push my fear to catch more and better waves. I'm not proud of that. I just couldn't help it. 

After a while we moved to the north end of the beach where we created a crowd of four people.
Some very good guys were catching a lot of good waves, but we waited our turn without hurry, and we enjoyed the moment like not many other times. 
It was just fantastic.



I didn't have a particular great wave or move this time. But I'll remember it as one of the most beautiful session I had so far, anyway.

S. caught a very long one, a never ending ride. That was unbelievable! It was such a long ride that I got excited myself, and I screamed at him from far, far away, in that empty, glorious beach.




From the car, then I didn't have time for other pics.. check out the map position down here where it says 'ubicazione'
Dalla macchina, dopodiche' non ho fatto altre foto.. se volete controllate la posizione qua sotto, in 'ubicazione'

14 March 2013

Una foto - A picture

Bellissima coincidenza.

Sulla rivista gratuita di surf alla quale sono abbonato, e della quale dovrei parlare un pochino, c'e' una foto di una ragazza che surfa al National Park a Noosa!
Esattamente dove ho avuto i miei quindici minuti di gloria di cui ho parlato nel precedente post. Ed esattamente lo stesso tipo e grandezza d'onda.

La ragazza della foto e' pure mancina come me, e quindi sta dando la schiena all'onda.
Ma la sua postura rivela un controllo che io ancora mi sogno.
In ogni caso e' bello poter mostrare esattamente di cosa stessi parlando!

 Photo: Hamish Laing


Inoltre sta usando, ovviamente, un longboard, come la mia tavola. E quindi posso anche facilmente farvi vedere come la tipa sia posizionata sulla coda del surf. Cosa di cui andavo parlando nei post precedenti.

Con la mano impone alla tavola di lottare contro l'acqua che la vuole fare adagiare sulla superficie e poi rotolare rovinosamente (io sarei ovviamente caduto) e una volta superata questa fase, ed il fotografo, sicuramente si alzera' in piedi e fara' almeno un passo in avanti per mettersi sull' effettivo punto di equilibrio della tavola.

In ogni caso, ad oggi, questa e' la grandezza d'onda ideale per me.
E non ditemi che e' piccola!








Beautiful coincidence.
On a free surfing magazine to which I subscribed, and of which I should talk later, there 's a picture of a girl who surfs the National Park in Noosa! Exactly where I had my fifteen minutes of fame that I mentioned in the previous post. And exactly the same type and size of the wave. Also, she’s  left-handed like me, and so she is giving her back to the wave. But her posture reveals a control that I am still dreaming about.

Whatever the case, it's nice to be able to show you exactly what I was talking about!

She has, of course, a longboard as mine. So that I can easily show you how the girl is positioned on the tail of the board. After the shot, I’m sure she stood up and made a few steps forward to get on the actual balance point of the board.
Anyway, that’s just the ideal wave size for me.
Don’t tell me it’s small, please!

13 March 2013

Quindici minuti di gloria


In questo momento sarei dovuto essere in acqua.

Ma oggi ho rinunciato all’ultima occasione di surfare in settimana per alcuni piccoli ma importanti impegni. Da domani saro’ impegnato ogni giorno e da lunedi prossimo inizio un nuovo lavoro che mi rendera’ un comune mortale, lasciandomi solo i weekend per andare a surfare.
Si e’ quindi appena concluso un anno di surf che ha cambiato la mia vita. Quanto e  per quanto a lungo non lo so.

Domenica sono andato a Noosa in compagnia di S. e di un amico spagnolo.
Quest’ultimo surfa da qualche anno ma sporadicamente, per via degli impegni di lavoro. Tornava quindi in acqua dopo mesi di assenza, ed era munito di una fish, una tavola corta e cicciottella prestata da un amico. Su questo punto ci tornero' piu’ tardi.

Le onde erano da quaranta centimetri al First Point, circa un metro al National Park, quasi due sotto al lookout che credo si chiami Boiling Point, e oltre due metri a Tea Tree.
Noi siamo entrati a Little Cove e abbiamo remato verso il National Park. Era affollatissimo anche per via del Surf Festival. 
Un carnaio. Ma le onde era bellissime.
Al National Park erano di quella grandezza che andavo cercando da mesi. Sul metro appunto, alte e potenti il giusto. Facili rispetto ai mostri di Coolangatta che ho sfidato per settimane.
Per via della folla era comuque difficilissimo prendere un onda.
Ma per una combinazione astrale ho avuto 15 minuti di -immaginaria- gloria.
Sara’ che avevo dormito bene e mangiato bene il giorno prima, sara’ che mi ero allenato bene in palestra, che avevo fatto la colazione giusta, che invece di piovere c’era il sole. Non lo so. Ma dopo le prime bracciate, che sono sempre le piu’ stancanti, ho trovato l’entusiasmo e l’energia.
Ho cominciato a remare per cercare il punto migliore, tentando di mettermi in pole position rispetto alle persone intorno a me, e ho cominciato a prendere le onde in barba al traffico.  E piu’ ne prendevo piu’ mi gasavo, piu’ remavo e mi davo da fare per tornare in posizione.
Per quindici minuti mi sono scatenato.
Ormai il problema di fare nose diving e capottare non l’ho piu’, e le onde di Coolangatta mi hanno insegnato come saltar su anche sui precipizi. Cosi’ ho preso tutte le onde che ho voluto. Ovviamente non tantissime, ma in numero di tutto rispetto dato appunto l’affollamento.

Lo spagnolo si trascinava caparbiamente e inutilmente sul fish, mentre S. si dava da fare riuscendo pero’ per via del traffico a cogliere solo qualche scarto d’onda, per brevissime cavalcate.
Io invece per quei 15 minuti durante i quali Nettuno mi ha fatto una carezza, ho surfato.
Sono saltato su sicuro, ho girato la tavola, ho fatto un passo avanti per prendere velocita’, un passo indietro per correggere la rotta, ancora avanti, con le braccia composte, quasi eretto, filando liscio su quei doni del mare mentre gli altri mi davano strada. Un onda in particolare e’ poi diventata molto piccola e per non perderla mi sono avventurato sin sull’adesivo al centro del muso della tavola, un record per me, a trenta centimetri della punta estrema. Ed un attimo prima che l’onda si rompesse, son corso indietro sollevando il muso e atterrando dolcemente insieme alla schiuma sull’acqua poco sotto, ancora inesorabilmente in piedi e in controllo.
Cosi’ come per magia ho messo insieme tutte le cose su cui avevo ragionato e provato per mesi, e che sapevo fare e alle quali mi ero avvicinato nelle ultime uscite proprio a Noosa, ma che sino all’altro giorno il mio cervello aveva eseguito solo in momenti distinti.
Ero sulla luna!
Bellissimo. Fantastico. Inebriante.

Ovviamente ho avuto i miei momenti fantozziani ai quali non rinuncio mai. Qualche caduta ridicola, qualche colpo preso dalla tavola, uno che si e’ incazzato per non avergli dato strada, e cose simili. Ma tutte dovute al fatto che ero sull’onda l’attimo prima.

I quindici minuti di grazia sono poi passati e col cambio della marea le onde e la loro distribuzione sono cambiate. Sono tornato nella mia normalita’, accanto a S. in attesa di prendere qualcosa. La folla e’ aumentata e la stanchezza pure. Dopo piu’ di due ore abbiamo optato per una pausa e poi per una camminata a Tea Tree, dove forse S. sperava di avere piu’ chance di prendere onde in pace.
Io ero pessimista dato che c’era comunque gente, le onde sembravano piu’ grandi e la situazione simile a quella di Coolangatta, con schiuma ovunque, corrente e grandi muri d’acqua da affrontare. Ma S. giustamente voleva provarci sino all’ultimo ed allora ho deciso di seguirlo.
L’entrata in acqua tra le roccie mi ha visto danneggiare in modo grave la mia tavola quando sono passato sopra qualche punta a pelo d’acqua. Ma essendo gia’ vicino al punto di impatto e con roccie ovunque, avevo poco a cui pensare. Appena c’e’ stato un momento di pausa ho remato come un disperato in diagonale e ho evitato il nuovo set di onde giusto in tempo. S. invece, la cui tavola piu’ performante della mia galleggia meno, faceva fatica –fa sempre piu’ fatica di me- a remare e quando il set di onde serie e’ arrivato era ancora la’ in mezzo. E’ stato travolto per un po’ e poi caparbiamente si e’ riportato nella stessa posizione, senza venire dove stavo io, di lato, per poi essere travolto ancora.
Io ero in un punto in cui cinque onde su dieci passavano via liscie e neanche surfabili, quattro si ergevano credo fino a 2 metri sopra la mia testa e ci passavo sopra giusto prima che si scatenasse l’inferno, e una di loro era enorme e si rompeva venti metri prima di tutte, per cinquanta metri di larghezza. 
Cosi’ dopo dieci o venti minuti a scalare montagne prima che mi divorassero, non vedendo piu’ S. ne tanto meno lo spagnolo, tentavo di capire come tornare a riva senza farmi male. E a quel punto e’ arrivata l’onda gigante il cui ricordo mi suscita ancora il panico. Fortunatamente per una volta ho fatto la scelta giusta e un attimo prima che mi arrivasse addosso ho puntanto dritto verso la spiaggia e aspettatto l’impatto. Che e’ stato fortissimo. Un calcio in culo stellare. Ovviamente ero sdraiato e mettendo tutto il peso sulla coda ho evitato la terribile opzione di finire sotto e rotolare per chissa’ quanto tra le roccie, la tavola ed altre persone. Sono filato invece liscio liscio sino a riva, come per magia. Ma eviterei volentieri di rifarlo.    
Quella breve, inutile sessione a Tea Tree mi ha fatto incontrare onde che ancora non avevo visto. Erano piu’ alte e piu’ spaventose di quelle di Coolangatta e non ho nessuna voglia di incontrarle nuovamente.

La mia tavola ha subito uno squarcio di 4cm circa, sul fondo, al centro. In questo momento una resina particolare si sta fissando sopra, per evitare che altra acqua entri in contatto con l’interno della tavola. In teoria, non essendo fatta a mano e avendo una diversa costruzione, dovrebbe essere comunque impermeabile. Ma non ci scommetterei. Ho fatto un bel danno. La prossima uscita vedro’ come si comporta la resina, se sembra tutto ok, o se col tempo la tavola affondera’. Nel qual caso dovro’ pensare all’acquisto di una nuova prima del previsto. Pensare che avrei fatto a meno di entrare a Tea Tree.

Il discorso del Fish invece coinvolge piu’ S. che me. 
Lui parla spesso con un australiano che se la cava benino con lo shortboard e stava convincenco S. a prenderne uno. Io non gli ho mai detto di lasciar perdere, ma l’idea dello shortboard, per quanto affascinante, e’ sempre meno interessante ai miei occhi.

Piu’ tempo passa e’ piu’ mi e’ chiaro il fatto che con quelle tavole devi praticamente cadere sulla faccia dell’onda nel momento stesso in cui si sta rompendo, e ovviamente mettertici in piedi e iniziare la surfata per andar via da li! Significa che non puoi provare in 40cm di docile onda, ma in almeno un metro di acqua verticale. Il che richiede di lottare con valanghe d’acqua, e tutto quel che ne consegue. Significa ricominciare da capo tutto il processo in un contesto piu’ difficile dell’attuale. Come se non fosse stato gia’ abbastanza difficile imparare a cavalcare i miei quaranta centimetri.
Per di piu’ a Noosa S. ha provato ad usare il Fish in prestito allo spagnolo, scoprendo che rimane completamente immerso nell’acqua e che si fa dieci volte piu’ fatica a spostarsi, e che non reagisce per niente neanche al passaggio della schiuma. Il Fish, che e’ una versione facile dello shortboard(!), ha bisogno di pareti verticali. Nient'altro.

Non saprei dire a cosa stia pensando ora S. in merito al passaggio allo shortboard che l’australiano gli ha messo in testa. A me non interessa per niente. La mia gioia nel cavalcare le onde sta aumentando in modo esponenziale, ad ogni tassello che aggiungo alle mie cavalcate.
Sono arrivato al punto in cui governo veramente la tavola, prendo tutte le onde che voglio da zero ad un metro e mezzo, e sto sviluppando il mio stile. Voglio continuare a migliorarmi e a divertirmi sempre di piu’. Dopo un anno e cinque mesi di tentativi, sono dove mi immaginavo di essere da principiante. Ingenuamente. Ora non ho tempo da perdere.

04 March 2013

Poche ma buone - Just a few, but good


Oggi sono tornato a Noosa.

A Coolangatta il mare e’ enorme e c’e’ pure in corso il QuickSilver Pro 2013. I migliori surfisti del mondo sono la a sfidarsi e probabilmente il posto e’ affollattissimo.
Speravo di ritrovare le condizioni fantastiche dell’ultima volta, ma sapevo che sarebbe stato difficile.

La mareggiata attuale e’ da est, quindi arriva piu’ diretta sulla costa e’ fa meno fatica a girare intorno a Noosa Heads. Indi per cui le onde sono state decisamente piu’ grandi dell’altra volta.
Ma io ormai so di saper surfare onde alte piu’ di me. Rimane il problema del contesto che come detto pagine fa mi risulta ancora ostico. Ma a Noosa oggi ho trovato onde grandi ma non troppo, ed in oltre la conformazione del luogo rende piu’ semplice la navigazione rispetto a Coolangatta.
Insomma ero a mio agio.

Purtroppo a loro agio c’erano anche decine di locals che monopolizzavano il first point, l’angolo di acqua giusto davanti alla spiaggia ed accanto al parco, dove si formano delle belle onde.
Ho speso un’ ora in quel punto, chiacchierando con un signore di mezza eta’ che tornava al surf dopo sei anni di stop, e aspettando come al solito che un’onda ignorata dagli altri si materializzasse in mia prossimita’.
In effetti avrei potuto stare a competere nel line up, ma non mi andava. Non mi va di dover sgomitare per avere la posizione migliore e poi dover anche dimostrare di meritarla. Ancora non sono dove vorrei.
In ogni caso due onde sono arrivate per me e le ho cavalcate. Belle, grandi, potenti. Mi hanno preso e lanciato e io ho lasciato che il surf filasse veloce e liscio su quell’acqua sporcata da giorni e giorni di pioggie intense.
In entrambi i casi non mi sono fatto coinvolgere dalla valanga e mi sono fermato prima che fosse troppo tardi. Sino a poco tempo fa questo era un problema, ora sta diventanto quasi ovvio. Quasi.

Mi sono poi spostato verso Little Cove e in quel punto c’erano pochissimi surfisti.
Purtroppo la stanchezza del viaggio, la colazione aprossimativa e la notte schifosa dovuta ad una pizza indigesta, mi ha reso piu’ debole. Quindi durante la seconda ora ho fatto fatica a posizionarmi e spingere per prendere le onde. Comunque per miracolo ne  ho preso una all’ultimo secondo prima che passasse oltre me, e si e’ rivelata fantastica. Ancora una volta non ho fatto le manovre che dovrei tentare per non rovinare quel perfetto equilibrio e la facile velocita’ del momento.
Le mie braccia erano composte ed in posizione, i miei piedi vicini, il mio equilibrio giusto.
Sono filato liscio verso destra su un’onda da un bel metro, tutta per me, ed ho visto con la coda dell’occhio un surfista in acqua che remava per andare in posizione, e che mi guardava passare.
Piccoli, brevissimi momenti lunghi un eternita’, e bellissimi.

Sento di essere migliorato.

C’e’ ancora tantissimo da imparare, ma sento che il mio stile, la mia postura, e la mia capacita’ di prendere le onde si sta avvicinando ad un livello di assoluta decenza.
Oggi ho preso pochissime onde. E per via di questo motivo non ho provato niente di nuovo, ma solo ripetuto la lezione. Ed e’ stata una sfacchianata micidiale. Ma anche oggi ne e’ valsa la pena.





Today I've been back to Noosa.



In Coolangatta the swell was too big and there was also the Quicksilver Pro 2013.

It must have been crazy.


In Noosa I hoped to find the same good condition of last time, but I knew it'd been hard.



The swell was from E so that the waves had to work less to turn around the Heads and reach the beach. In fact they were a little bigger than usual, but thanks to my recent sessions in Cooly, I was completely fine.



The problem was that also the other surfers were completely fine, and I had to wait on the shoulder quite a lot, as usual, at First Point.



I spent my time chatting with an older guy who was coming back to surfing after six years and watching the others competing for the waves. After a while I got my chance to catch a few waves ignored by the majority, and I had my nice and smooth rides.

To keep in mind that this time I was able to stop the rides and exit the waves before it was too late. It may be obvious for all of you, but not for me. I still have to think and plan what to do.


After an hour I paddled to Little Cove where for some reasons there were just a few surfers. At that point I was pretty tired because of the horrible pizza I had the night before, and the horrible sleep, and the not good breakfast..  so that I was struggling to paddle to the right position and to catch waves.

But I got my beautiful ride when with a bit of luck I got a big and nice wave that took me with her for quite a while. I remember my arms almost relaxed beside my body, my legs slightly bent, my foot closer then usual, and a surfer paddling out and watching me passing by.


I didn't catch any other waves after that. And I came back exhausted.

But those small, ever lasting short moments.. oh yes it was all worth!