26 February 2013

Pollice su, pollice giu'


Mercoledi’ sono andato a Noosa titubante ed invece ho avuto 2 ore di grande godimento. 

Nonostante i 4m di onde previsti in mare aperto, al riparo di Noosa Heads ho trovato bellissime e docili onde da neanche un metro e pochissime persone con le quali condividerle.
In alcuni momenti eravamo giusto in 3 e ci siamo concessi il lusso di decidere quale onda prendere, a turno.
La rilassatezza del momento, la gentilezza delle altre persone, e la facilita’ delle onde, mi hanno dato momenti di felicita’!

Avendo potuto provare in abbondanza, ho definitivamente stabilito la posizione del braccio destro, e di conseguenza migliorato la mia postura e l’equilibrio.  Ho surfato bene, e probabilmente dall’esterno potevo sembrare un serfista esperto, o per lo meno, esperto quanto mai prima.
Ho anche avuto tempo di ricordarmi di fare un passo avanti per il giusto bilanciamento di cui parlavo, ed ho quindi messo insieme, per la prima volta, dei passi avanti ed indietro dovuti alla necessita’ combinata di virare e gestire la rotta.
Dopo tante uscite con onde al limite delle mie possibilita’, tornare nella mia comfort zone e’ stato grandioso.
E si aggiunge una piccola soddisfazione: vedere altri surfisti che ti danno strada, quando per infinite volte sono stato io a dovermi scansare, e’ una sorta di riconoscimento involontario dei tuoi progressi.

Ieri invece sono tornato con S. a Coolangatta, che presenta almeno 4 diversi punti per serfare, con nomi diversi, e che e’ stato ed e' il mio campo di allenamento ufficiale.
Questo perche’ e’ il point piu’ vicino da raggiungere, e’ un bel posto, e l’acqua e’ sempre splendida. Ha un solo problema per me che sono un principiante: e’ molto piu’ esposto di Noosa o Byron Bay, e riceve quindi le mareggiate in modo piu’ violento. Cio’ lo rende uno dei posti migliori al mondo per le competizioni di surf. Ovviamente per me basta poco a renderlo una sofferenza o addirittura un pericolo.
Da natale ad oggi , che le onde fossero serfabili o meno, e’ sempre stato oltre il metro d’altezza.
Ho gia’ accennato prima cosa questo implica per me.

Ieri era una giornata strana, con onde oltre il metro ma poco ripide, rovinate dal passaggio di altre onde minori, quasi trasversali.
C’era una folla ed in due ore ho preso pochissimo e lottato col mare quasi troppo.
Unica nota degna: ho cavalcato una montagna d’acqua saltando in piedi sulla cima di quel precipizio, prima filando giu’ in fondo per poi risalire sulla faccia, per poi frenare mettendo tutto il peso sulle pinne evitando cosi’ di essere coinvolto nella valanga che si e’ creata giusto l’attimo dopo.
Piccola grande soddisfazione.
Per la concentrazione e la fifa di serfare quella montagna, non ho ricordato di badare al mio braccio. Non so’ se fosse nella giusta posizione o nuovamente abbandonato al vento come prima. Ma per questa volta mi perdono.

Comunque e’ incredibile pensare a quante volte sia andato a Coolangatta con S. e come tutte le volte sia stata poco surfabile, per noi.
Con S. non e’ mai capitata una di quelle giornate gentili dove puoi cavalcare onde docili per cento metri. Ne’ la’ ne’ altrove. Non e’ mai capitata e lui non sa quanto bene posso serfare in condizioni ottimali!

19 February 2013

Sull'isola


Questo weekend appena passato l’ho trascorso a Stradbroke Island per un rilassante weekend con amici.
Avevo messo in conto che sarebbe stato un weekend di surf sprecato, e cosi’ e’ stato, se non per una piccolissima parte.

S. infatti era presente sull’isola e si era portato dietro la sua tavola, lunga come la mia, ma fatta da mani esperte, piu’ fina, piu’ leggera, piu' performante. Presa di seconda mano.
Avrei voluto affitare una tavolazza a noleggio e farmi qualche ora in acqua, invece affittare si e’ rivelato un impresa e ho finito per usare la tavola di Stefano per una mezzoretta.

Le onde era quasi decenti ma rompevano molto vicino alla sabbia.
Ne ho preso 2, propriamente. La prima e’ morta quasi subito, la seconda, piu’ grande, l’ho cavalcata per un pochino, girando la tavola, spingendola giu’ prima di perdere l’onda, e rimandandola per la tangente l’attimo dopo.
In entrambi i casi mi ha dato l’impressione che girare quella tavola sia stato piu’ facile che con la mia.
Sono cosi’ poco esperto che non saprei se siano state le condizioni o merito della tavola.  O me, migliorato.

Ultimamente ho messo a fuoco il fatto di dover tenere il braccio destro alla mia destra e sporgerlo fuori per girare da quella parte. (sono mancino sulla tavola, dunque andare a destra significa come giocare di rovescio a ping pong)
Per quanto sia ovvio a parole, non viene naturale. Bisogna imparare ad avere e tenere le braccia ai due lati del surf invece che entrambe sul lato in cui guarda il tuo corpo.
Quando l’altra volta ho usato la 8-2 ed ho fatto quelle micro manovre, erano fatte con la nuova, ragionata posizione del braccio. Ma erano troppo brevi.
A Straddy non ho pensato consciamente di farlo ma il ricordo che ho e’ che l’abbia fatto.
Quindi rimane il dubbio: postura migliore, tavola migliore, o condizioni particolari?
E’ tempo di tornare a bordo della mia tavola e provare.

Mercoledi o Giovedi dovrei essere in grado. Le onde non saranno piccole. Forse devo andare a Noosa.

A Straddy e’ stata l’occasione forzata per stare in acqua a fare immagini. Ho filmato qualche onda di S. e lui ha filmato, maluccio, me.

S. ha iniziato il surf con me. Siamo partiti da 0 lo stesso giorno. Ovviamente io beneficio di giorni settimanali in cui vado al mare, dunque ho provato piu’ di lui. In ogni caso mi sembra di poter dire di essere piu’ concentrato di lui, sul surf, e di essere un po’ avanti.

Il fatto di essere mancino mi ha svantaggiato surfando i point della zona, con onde che vanno sempre a destra. Mi ha costretto a surfare dando la schiena alle onde. Ma dopo qualche tempo mi ha anche messo nella condizione di ragionare forse meglio sui cambi di direzione, dato che il mio corpo guarda a sinistra, non verso l’onda, ma verso la spiaggia, ricordandomi che ho spazio a disposizione per andare dove voglio.
Quindi generalizzando, credo di poter dire che lui vira a destra stando a centro tavola e da li spinge su e giu’ lungo l’onda. Ma se non cambia posizione, non potra’ mai fare molto di piu’.
Io invece ho capito il trucco e sto’ col piede di dietro sulle pinne, e spingendo con quello indirizzo la tavola dove voglio. La giro di quasi 90 gradi, qualche volta. Per fare cio’ ho passato ore a guardare filmati e leggere, finche’ non ho messo a fuoco il trucchetto. Che non e' un trucchetto, ma che nessuno mi aveva detto. 
Ora mi sono anche reso conto che concentrandomi da mesi su questo aspetto mi sono dimenticato che poi devo spostarmi verso centro tavola, dove sta S., e dove dovrei stare se voglio dare alla tavola il giusto equilibrio per filare lungo la faccia dell’onda in un moto di perpetuo scivolamento.
Mi e’ capitato infatti di perdere lentamente un’ onda per via del fatto che stando sulla coda della tavola praticamente freno. Ma ormai ho messo a fuoco tutto e non dovrebbe succedere piu’.
Dunque per concludere, il mio ego sostiene di essere meglio di S. perche’ ho una concezione piu’ ampia di quello che sto facendo e dei problemi che affronto.
Ora devo concentrarmi sulla posizione delle braccia e sul tornare a centro tavola*.
Facile a dirsi.  

*Utilizzando un longboard, cioe' in tipo di tavola molto lunga, figlia del secolo scorso e lontana anni luce dai missili che vengono utilizzati oggi, la fisica richiede che si sposti continuamente il peso sulla coda per girare, ed al centro per filare dritto.  

12 February 2013

Non e' la tavola..


La lezione di oggi e’: non e’ una questione di grandezza delle onde, ma di ripidita’.

Col mio long posso prendere onde da 10cm, ho solo bisogno che si sollevino un poco. Ed oggi con la 8-2 di R., non riuscivo a prendere colline da 2m, a meno che non si stessero per schiantare.
Oggi e’ stata la giornata piu’ penosa da molto tempo.

Sono andato a Coolangatta per fare in fretta, e mi sono ritrovato ancora una volta a cospetto di una situazione out of my league.

Materialmente posso prendere e cavalcare onde anche da 2 metri (non ne ho mai incontrato di piu’ piu’ grandi) ma e’ il contesto che e’ piu’ grande di me. C’e’ troppa gente troppo brava attorno a me e non me la sento di stare a competere nel line-up. Ho paura di essere travolto dall’onda e di fare male agli altri. Ed in oltre non mi piace neanche l’imbarazzo di essere additato come una sega, ed essere invitato poco cordialmente a togliermi dai coglioni.
Succede quindi che mi metto di lato, ad attendere che un’ onda ignorata dai piu’ bravi si erga la’ dove sono io, e che le altre persone nelle mie vicinanze non se la prendano prima di me.  Un’attesa snervante.
Rovinata poi dall’arrivo dell’immancabile onda gigante che travolge tutto per decine di metri, e che rende impact zone l’area che avevo ritenuto sicura.

La mia attesa ogni tanto viene premiata e ho l’occasione per fare la mia cavalcata. Ma non avendo il controllo a la visione necessaria per gestire quelle onde, spesso mi ritrovo con l’onda che si infrange attorno a me, lasciandomi la scelta di fermarmi nella impact zone, dove non avro’ un attimo per prendere fiato e saro’ constantemente battuto da inesorabili muri d’acqua,  o tentare di surfare la schiuma fino quasi a riva, dove lontano dalla furia del mare, non mi restera’ che riniziare da capo.
Sfiancante in ogni caso.
E anche scritta cosi’, non si comprende la fatica ed un po’ la paura nell’essere sotto quei muri d’acqua, nel trattenere il fiato mentre quella forza ti sconquassa, nel carcare il lish per ritrovare la tavola, e le braccia dolorose che remano contro la corrente e sprintano mentre gli occhi sanno che e’ gia’ troppo tardi per evitare la prossima valanga. 
E’ una lotta ed una fatica che i surfisti esperti non conoscono. Loro che hanno imparato prima di andare in bicicletta, loro con le spalle allenate da una vista intera di remate, loro a cui e’ stato detto cosa fare e come fare da genitori e istruttori, loro come strani pesci che volano sopra l’acqua.

Mentre io lotto per non farmi male e sfinisco le mie braccia cercando di trovare una zona sicura, e valuto, e aspetto, ed evito, e mi sposto, e mi faccio coraggio, loro tutto il tempo stanno disegnando linee di poesia e arte spinti dall’ energia invisibile dell’oceano. Senza fatica.  

Come dicevo, ho preso qualche onda con la 8-2.
Mi ha reso la vita un poco piu’ complicata perche’ mi aspettavo che partisse su inclinazioni che conosco, ed invece non le sentiva. Mi ha costretto a cercare muri piu’ ripidi del solito, avvicinandomi paurosamente all’ impact zone. Se da un lato posso dire di sapere mettermi su in quel frangente, con la tavola inclinata a quel modo, dall’altro non sono in grado di far altro che puntare alle spiaggia, evitando la valanga che in un attimo mi circonda.
In realta’ avrei dovuto fare prove di carving, per vedere se la tavola piu’ piccola fosse piu’ maneggevole da girare e inclinare. Un po’ come in motocicletta hai bisogno di inclinare la moto per fare curve di un certo raggio ad una certa velocita’.  Allo stesso modo col surf hai bisogno di velocita’ per curvare velocemente e cambiare direzione. E devi inclinare la tavola in modo che tagli l’acqua come gli scii tagliano la neve.
Sono vicino al poter fare qualcosa del genere, ma occorre velocita’. Ecco perche’ sto sfidando queste onde un po’ troppo grandi per me. E oggi volevo vedere se la tavola piu’ corta mi avesse aiutato.
In effetti ho avuto modo di fare qualche micro manovra sul cadavere dell’onda presa, quasi vicino a riva. E si, e’ il movimento e’ stato piu’ veloce e forse piu’ facile.
Ma non sono convinto della tavola. Come dicevo richiede muri piu’ ripidi. Forse va benissimo anche sui muretti da 2 piedi sui quali ho fatto la maggior parte del mio apprendistato. Forse dovrei fare un altra prova in altre condizioni.
Ma oggi in ogni caso ho visto alcuni usare la mia 9-2, o anche piu’ lunga, e surfare splendidamente quelle bestie.
Ovviamente non e’ la tavola che fa il surfista.