One wave is what I surfed the other day at Kirra.
I thought it was going to be another small day and didn’t pay too much attention at the forecast. I was wrong.
From the beach it looked like I could manage it and actually I was able to pass the breakers without too much drama. But boy!
The ocean was alive, the currents were very strong and amazing and terrifying (for me) set of waves were rolling in, exploding like thunders.
I’ve seen some walls of water more than 2m tall and 200m wide coming in, breaking perfectly from the pier for a 100 meters, then becoming a total closeout behind me.
I paddled, and paddled, and paddled, just to stay out of trouble.
After twenty minutes I was thinking of how to get back to the beach safely. After thirty minutes I thought it was possible to surf some of them. After forty minutes I gave up on the idea, since I couldn’t sit still. After fifty minutes I was really tired and decided to just get one and go back to land.
How peculiar. I’ve ridden waves of similar size before, at Kirra even, but in days were the ocean looked like more like a pond.
Some hours after that I was at the supermarket, watching people doing their business and thinking of were I was just before. The walls of water, the thunders, the spray, the silence among the surfers, the paddling to safety, the beach far away and the immense body of water. Restless water.
Sometimes it seems like visiting another dimension (beautiful or scary), and seeing things that other humans can’t.
Am I lucky or just stupid?
A beach break. From the car-park waves look always small, don't they? |
Un’onda è quella che ho surfato sabato a Kirra.
Non sono stato molto attento alle previsioni ma pensavo sarebbe stato piccolo come al solito.
Invece era abbastanza grosso.
Dopo aver fatto il solito viaggio in macchina non volevo rinunciare senza provarci. Ho guardato un poco e notato dei momenti di pausa. Ho visto il noto canale e pensato di poterne prendere qualcuna più o meno come al solito.
Sono entrato con calma, ho remato, aspettato, sfruttato il canale, e remato ancora per superare i frangenti al momento giusto. A parte la fatica dell’ultimo lungo sprint, ed una valanga in testa, mi son ritrovato fuori senza grossi patemi. Ed è stato la che mi sono reso conto dell’errore.
L’oceano è una bestia strana. Ogni volta è diverso.
Questa volta l’acqua, bellissima e calda, era inquieta. Era una mareggiata attiva. Il solito fiume trasversale era in piena e spingeva verso nord a velocità sostenuta. Per qualche motivo insolito la corrente spingeva anche verso riva, portandoti facilmente nella zona di impatto. E le onde arrivavano in set di 3 o 4 bombe, grandi e a tratti spaventose. Le peggiori e allo stesso tempo le più incredibili erano muri d’acqua credo oltre i due metri, larghi forse 200, che occupavano l’orizzonte. Rompevano mirabilmente davanti al molo di pietra, ma poi diventavano un enorme, terrificante close-out. Altre erano più localizzate, ma sempre gonfie ed in procinto di esplodere.
Sono riuscito ad individuarne alcune più docili, aperte a destra, che avrei potuto provare a prendere, ma avrei avuto bisogno di osservarne con calma alcune e scegliere bene il punto di partenza. E non mi era possibile. Tutte le volte che mi sedevo tornavo indietro verso il disastro. In pratica mi son ritrovato a remare ininterrottamente solo per tentare di stare al sicuro.
In acqua questa volta c’erano pochi ragazzi australiani, giovani, biondi come da stereotipo, con le tavolette. Niente persone di una certa età e solo due col longboard, oltre me. Una ciurma esigua per il posto ed il periodo. Tutti i vacanzieri hanno lasciato perdere e forse avrei fatto meglio a far lo stesso pure io.
Ho remato. E remato. E remato. Schivato valanghe e remato ancora. Dopo venti minuti pensavo a come prenderne una per tornare in spiaggia senza essere travolto. Dopo trenta ho pensato che forse qualcuna l’avrei potuta prendere. Dopo quaranta ho lasciato perdere. Dopo cinquanta la stanchezza cominciava ad essere seria ed ho deciso che dovevo tornare in spiaggia. Ho fatto passare un set grosso e preso con fatica uno scarto seguente, che per fortuna mi ha portato a riva.
Era da molto che non mi ritrovavo a cospetto di onde serie, e ancor di più in un mare così irrequieto.
Piu’ o meno le stesse onde, o di grandezza simile, le ho anche prese in passato, pure a Kirra, ma in giornate in cui il mare al cospetto sembrava uno stagno.
Sono due giorni che ci penso.
Qualche ora dopo ero al supermercato a fare la spesa. Circondato dalla solita gente indaffarata.
Mi tornavano in mente le onde enormi (per me) che ho visto passare, gli spruzzi d’acqua, il boato, la visione della spiaggia lontana, la gente a remare per schivare la prossima valanga. Il silenzio di noi essere umani nel frastuono di quelle onde. L’acqua. La distesa d’acqua infinita ed incazzata.
Molte persone non avevano idea del mondo parallelo in cui ero stato poco prima.
Alle volte è proprio come essere in un'altra dimensione (bella o meno bella) che gli altri non possono vedere.
No comments:
Post a Comment